et al., 2009
12x17 cm
116
6.00 (invece di 12.00)
9788864630076
L'economia morale, pubblicato per la prima volta nel 1971 sulla rivista "Past and Present", è un classico della storia non solo economica, ma anche sociale e culturale, e offre strumenti preziosi per ripensare alcune delle questioni più urgenti del nostro tempo.
Discutere del comportamento della folla nell'Inghilterra del Settecento potrebbe sembrare inadatto a trovare risposte per l'oggi. Eppure Edward P. Thompson dimostra come esso incarnasse una cultura alternativa al capitalismo liberista che proprio in quegli anni andava affermandosi. Per descrivere quella cultura Thompson coniò l'espressione "economia morale", vale a dire una visione dei rapporti economici ispirata non al profitto dei singoli ma alla ricerca del benessere collettivo: un concetto che è stato poi ripreso da sociologi come Pierre Bourdieu, antropologi come James C. Scott, ed economisti come Amartya Sen.
«Insistendo, da un lato, sulla necessità di prendere sul serio le opinioni della gente e, dall'altro, sull'efficacia dell'azione politica, l'Economia morale non ci dice solo che un altro mondo è possibile; ci indica anche la strada da percorrere per arrivarci. Con un occhio al passato, e l'altro al presente». (dall'introduzione di Filippo de Vivo)
Edward Palmer THOMPSON
Storico britannico, nato a Oxford il 3 febbraio 1924, morto a Upper Wick (Worcester) il 28 agosto 1993. Insegnò dal 1948 al 1965 al dipartimento esterno dell'università di Leeds e quindi fu professore al Centro di studi di storia sociale dell'università di Warwick. Unì il lavoro di storico a un intenso impegno politico dal 1942 al 1956 nel Partito comunista, quindi nei movimenti della ''nuova sinistra'' inglese e nel movimento pacifista, di cui fu uno dei più attivi animatori a livello internazionale. Le opere di carattere storiografico costituiscono solo una parte della sua produzione, che annovera numerosi scritti politici, alcuni apparsi in Italia nel volume Uscire dall'apatia (1962). Esponente tra i più rilevanti della storiografia d'ispirazione marxista, è stato però portatore di un approccio originale che rifiuta la tendenza al riduzionismo economicista (cfr. a questo proposito il suo saggio The poverty of theory and other essays, 1978) in nome di una visione umanistica, ancorata alla tradizione culturale radicale inglese, di cui fu attento studioso come testimonia il suo primo lavoro, William Morris: romantic to revolutionary (1955), e uno degli ultimi, Witness against the Beast: William Blake and the moral law (1993). La sua opera più importante, The making of the English working class (1963; trad. it., Rivoluzione industriale e classe operaia in Inghilterra, 1969), costituisce un punto di riferimento essenziale nella storiografia sul movimento operaio e nella storia sociale in generale, ma anche un utile angolo visuale per comprendere il particolare approccio di T. ad alcune delle tradizionali categorie del marxismo. Infatti in questa "biografia della classe operaia inglese dalla sua adolescenza alla prima maturità" concetti come quelli di ''classe operaia'' o di ''coscienza di classe'' vengono definiti non più solamente in relazione alla condizione economica, ma a tutto quel complesso di idee, legami, abitudini attraverso cui si costruisce l'identità, il ''farsi'', di un gruppo sociale. Lo stesso approccio metodologico è rintracciabile negli studi che T. ha dedicato alla società inglese del 18° secolo di cui ha cercato di ricostruire cultura, sistema di valori, trama di rapporti, rituali e strutture di potere. Tra i più importanti vanno ricordati: Whigs and hunters: the origins of the Black Act (1975; trad. it., Whigs e cacciatori. Potenti e ribelli nell'Inghilterra del XVIII secolo, 1989) e i saggi raccolti nel volume Società patrizia e cultura plebea. Otto saggi di antropologia storica sull'Inghilterra del Settecento (1981). Da Enciclopedia Treccani (di Emma Ansovini, 1995)